Un cinefilo veneziano passa
l’estate in un’attesa che sembra interminabile: la pubblicazione del programma
ufficiale della Mostra del Cinema. Le voci di corridoio fomentano grandi nomi e
si fanno meticolosi conti sull'uscita prevista delle pellicole più attese,
illudendosi in una possibile anteprima proprio nella nostra città. Per la 71ͣ edizione della Mostra del Cinema le
aspettative erano davvero allettanti, prima di leggere,con grande
sgomento, un programma scarno e confuso.
La Mostra di quest’anno doveva ancora iniziare e si sentiva già la mancanza di
quelle grandi promesse non mantenute, l’assenza di Anderson, Nolan e Fincher. Non
si può denigrare un evento solo perché non sembra all'altezza delle
aspettative, ovviamente, ma l’aria che si respirava durante la prima delle
giornate veneziane era tutt’altro che ottimista.
Ma fortunatamente, come un
fulmine a ciel sereno, il film d’apertura porta un’ondata di consensi e di
speranza; Birdman, di Alejandro
Gonzalez Iñarritu, è il cocktail perfetto per fa ripartire la Mostra con il
piede giusto. Il primo red carpet è un
successo: Emma Stone incanta con un elegante abito verde, Edward Norton riprende
i fan con il suo iphone, Michael Keaton e il regista concedono qualche
autografo. Tutto in gran stile hollywoodiano, cosa quasi ironica visto che
proprio questo effetto “divistico” è la tematica sulla quale Birdman vuole farci riflettere. Il
lavoro di Iñarritu si rivela essere una brillante prova registica e attoriale
e, come film d’apertura, dà inoltre il via a dei temi che ritorneranno nelle
proiezioni dei giorni successivi: la celebrità vista come “prigione” si traduce
in una sorta di solitudine anche in The
Humbling, in cui un grandissimo Al Pacino interpreta un attore in declino.
L’eclettico Pacino è il cavallo
vincente di Venezia 71; oltre al film diretto da Barry Levinson, presenta anche
l’introspettivo Manglehorn di David
Gordon Lee, ulteriore prova recitativa che lo conferma una leggenda vivente.
Pochi, però, gli altri picchi
salienti di questa edizione, probabilmente per la mancanza di film eccezionali.
Per quanto quest’anno il festival possa esser sembrato difficile la digerire, contestato
per la poca affluenza e addirittura additato come evento in declino, conserva lo stesso degli elementi interessanti.
Si percepisce comunque quella
nota di anticonformismo, rendendo quest’edizione imperfetta sì, ma allo stesso
tempo coraggiosa.
Una Mostra che prova ancora ad
osare, come testimonia l’anteprima di Nymphomaniac-Director’s
cut, scelta molto rischiosa visto l’argomento controverso, ma in grado di
attirare l’attenzione soprattutto per l’arrivo imprevisto di Uma Thurman.
Si confermano le scelte non
convenzionali per il Leone d’Oro,
assegnato a A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence del regista svedese
Roy Andersson, acclamato da pubblico e critica per il suo umorismo nonsense e
per la sua spiazzante originalità.
Venezia può aver anticipato
Toronto in alcune scelte poco commerciali, nel programma presentato da Alberto
Barbera si intravede questa voglia di intrigare il pubblico ma il tutto appare
quasi forzato, con il rischio di annoiare e infastidire lo spettatore. Ecco che
paradossalmente i film più apprezzati non sono stati i polpettoni sperimentali,
ma quelli dai toni leggeri come Burying
The Ex e She’s Funny That Way.
Bisogna quindi guardare in faccia
la realtà: quest’edizione ci conferma che la nostra Mostra non è più il trampolino
del cinema d’autore americano e, quando in futuro ripenseremo a Venezia 71,
sarà difficile ricordarlo davvero per qualcosa in particolare…ma forse solo
come “l’anno del Piccione”.
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